lunedì 27 dicembre 2010

La psicologia e il gioco

Sono molti i pedagogisti che si sono occupati di dimostrare l' importanza del gioco, nonostante ciò bisogna ricordare che è la psicologia che più di ogni altra disciplina ha visto nel gioco il protagonista dello sviluppo psicologico e ancor più di quello della personalità del bambino.
Il primo autore che se ne occupò fu Sigmund Freud il quale vide nei giochi il tentativo da parte dei bambini di imitare il padre e ricoprirne il suo ruolo, mentre da parte delle bambine di attuare quell'autorità che le viene negata. Freud dunque segnalerà l'attivazione del processo di identificazione.
Ci sono altri psicologi che nel corso del tempo si sono occupati nuovamente della funzione educativa del gioco; un esempio è Vygotskij.

Froebel e l'importanza del gioco

Froebel è un pedagogista tedesco vissuto tra la fine del 1700 e l'inizio del 1800.
Questo autore ha dato grande importanza al gioco da lui considerato come una spontanea attività creatrice e pratica fondamentale per lo sviluppo e non come puro divertimento.
Proprio per questo suo interesse al gioco come pratica fondamentale per lo sviluppo dei bambini, si occupò della trasformazione degli asili infantili in strutture educative; a tale proposito vengono idealizzati i giardini d'infanzia, spazi attrezzati per il gioco e il lavoro infantile e per le attività di gruppo.
Per assecondare il processo educativo del bambino Foebel aveva deciso di far giocare i bambini con dei determinati strumenti che lui chiama "doni"; questi sono la palla , il cilinro, il cubo scomponibili in vari pezzi. Giocando con questi doni il bambino aquisiva il senso del rapporto tra le parti e il tutto e le prime abilità costruttive.
Per Froebel il gioco era così importante da dover essere ritenuto un vero e proprio diritto dell'infanzia. Secondo lui il gioco era per i bambini l'equivalente del lavoro per gli adulti, dunque fondamentale per crescere; attraverso il gioco il bambino sviluppa il linguaggio, il disegno, l'attività logica, la cratività ed inoltre, sosteneva questo autore, era fondamentale per stabilire rapporti con sè, con gli altri e con la realtà esterna.

martedì 7 dicembre 2010

La mia riflessione...

Da ciò che ci dice Piaget possiamo capire come l'istinto del gioco emerge già in tenera età, egli infatti ci dice che già all'età di un anno il bambino mostra una certa attutudine nel gioco.
Condivido molto ciò che Piaget afferma riguardo l'attività ludica; come questo autore anch'io credo che il gioco, e in particolar modo quello di gruppo, sia una delle componenti fondamentali per lo sviluppo sia cognitivo che relazionale dal momento in cui abitua alla competizione, al confronto con gli altri, alla riflessione, al rispetto delle regole e degli altri individui che stanno giocando.
Per questi motivi credo inoltre che il gioco aiuti al bambino ad entrare, a prendere confidenza ed infine ad addattarsi al mondo degli adulti a cui sta andando incontro.

Le fasi del gioco secondo Piaget

Egli distingue varie fasi nell'evoluzione del gioco:
1) dall'età di un anno a quella di 18 mesi si ha il priodo del gioco percettivo motorio: battere gli oggetti, disporli l'uno sull'altro sono azioni che permettono al bambino di prendere sicurezza delle proprie capacità di cambiare l'ambiente.
2) verso i due anni dal gioco percettivo-motorio si passa al gioco simbolico: gli oggetti vengono considerati come simboli da altri oggetti non presenti. Il bambino esercita la capacità di immaginare realtà diverse.
3) i gioci simbolici, dapprima individuali, diventano poi, quando il bambino inizia a crescere, "giochi sociali" e richiedono dunque la collaborazione di più bambini. Questo è un passo fondamentale verso la socializzazione, e la capacità di confrontarsi con gli altri.
4) dai sette agli otto anni si passa a "giochi di gruppo con regole". Questo è u altro passo importante perchè fino ai sette anni il pensiero del bambino è "egocentrico" nel senso che il bambino tende a riportare tutto sotto il suo punto di vista.